Emergenza RSA: Scenari Ante CoViD 19
- Deborah Danieli
- 9 mag 2020
- Tempo di lettura: 5 min

L’attuale discussione sulle Case di Riposo o RSA, nata a causa dell'emergenza sanitaria CoViD 19 che ormai affrontiamo da più di due mesi, punta i riflettori su una realtà molto complessa e delicata, fino a pochissimo tempo fa argomento di nicchia, appannaggio di addetti ai lavori e di tutti coloro che si avvalgono di tali strutture.
Il contesto
L’aumento di grandi anziani fragili, portatori di patologie invalidanti sui piani cognitivo, fisico e motorio, negli ultimi anni ha prodotto una domanda di assistenza socio sanitaria di tipo residenziale a favore di persone anziane non-autosufficienti, tale che per soddisfare le richieste delle famiglie, in Veneto, si è assistito ad una notevole crescita di nuove strutture pronte a fornire la loro offerta di posti disponibili.
Le strutture possono ospitare, secondo le direttive da seguire ai fini dell’autorizzazione di esercizio e dell’accreditamento, un massimo di 120 ospiti. Un numero impegnativo per il governo e la gestione di persone, servizi, spazi e tempi, che si discosta molto dall'idea e l'organizzazione di una “casa” comunemente intensa, ricordando talvolta una gestione di tipo ospedaliero.
I Piani Assistenziali Individuali (PAI), strumenti previsti a garantire un servizio personalizzato ad ogni singolo ospite, fanno i conti quotidianamente con la necessità di governare tali numeri e ottimizzare le risorse, a volte deludendo le aspettative del senso comune, dei bisogni dell’utenza e dei desideri delle famiglie.
I protagonisti
A seconda del carico assistenziale e sanitario, lo standard regionale prevede:
· 1 OSS (Operatore Socio Sanitario) ogni 2,4/2,5 utenti
· 1 Infermiere Professionale ogni 12/15 utenti
Presenze che ad un primo impatto possono sembrare adeguate, ma sulle quali si deve tener conto il lavoro su turni durante le 24 ore, che implica mattine, pomeriggi, notti, smontanti notte, riposi. Se teoricamente i rapporti appaiono generosi, in pratica i numeri vengono distribuiti sui turni e il rapporto tra personale presente ed utenza in carico risulta molto meno consistente. A titolo esemplificativo quindi, possono essere consuetudine scenari che vedano impegnati nell'assistenza alla persona 6 OSS a fronte di 60 ospiti in un turno pomeridiano o 1 Infermiere Professionale a copertura del servizio infermieristico per tutta la Residenza in un turno notturno (120 ospiti).
Si aggiungono:
· 1 Educatore Professionale ogni 60 utenti
· 1 Coordinatore ogni 90 utenti
· 1 Psicologo ogni 120 utenti
· 1 Assistente Sociale ogni 120 utenti
Numeri che di per sé risultano chiaramente sproporzionati a soddisfare le esigenze di 120 persone e rendono difficoltosa la predisposizione dei servizi di competenza.
L'utenza vive situazioni di fragilità psicologica, sociale e sanitaria date dall'insieme o dalla combinazione di:
condizioni di salute compromesse,
deficit funzionali,
deterioramento cognitivo,
compromissione delle capacità di gestione di sé, di socializzazione, di comprensione dei cambiamenti, di intervento sull'ambiente,
unite alla transizione verso la fase finale del ciclo della propria vita.
Ciò implica la necessità di interventi e progetti:
rivolti a un'utenza complessa e fragile, eterogenea in relazione alla caratteristiche personali di ciascun individuo quali esperienze di vita, sensibilità, interessi, necessità, abitudini, stato di salute, capacità;
che scongiurino la mera attesa dell'inevitabile epilogo, ma mirino a promuovere e sostenere un benessere globale, con l'obiettivo di recuperare e mantenere le risorse esistenti affinché la persona continui ad approcciarsi alla vita, secondo le proprie possibilità, in un'ottica di continua evoluzione della propria esistenza, del riconoscimento di sé e dei propri bisogni;
che richiedono la presa in carico e la cura di ogni singolo ospite da parte di una équipe di lavoro congrua in termini di numeri, energie, tempi e professionalità differenti, il cui operato possa convergere in maniera efficace e costante, a garanzia del perseguimento di benessere e salute.
Le implicazioni
Il personale impiegato nelle RSA è chiamato a lavorare tra il governo dei numeri, la sostenibilità degli interventi, le istanze dell'utenza, le direttive delle organizzazioni, le disposizioni degli enti preposti, le richieste delle famiglie, le aspettative della società.
Allo stesso tempo fronteggia tutti i giorni stress e carichi di lavoro gravosi a contatto con il dolore, la malattia, le frustrazioni, la caducità della natura umana, la morte, in un continuo alternarsi di identificazione con l'altro e difesa di sé nella sofferenza dell'esistenza, in relazione al proprio essere e alla propria esperienza di vita.
Le percezione condivisa dagli attori in scena è quella di un mancato riconoscimento delle proprie istanze e del proprio stato nel contesto di riferimento.
Comune alle parti in gioco è l’esperienza del dramma personale di venire spogliati della propria identità, del proprio ruolo e delle proprie emozioni attraverso il senso di solitudine, la fatica, la mancanza di sostenibilità e di coerenza, in funzione di un ingranaggio rigido che non può permettersi scostamenti, variazioni, ritmi diversificati.
Spesso al personale vengono mosse critiche rispetto la professionalità, le capacità e la disponibilità, rimproverando cinismo o disinteresse, mentre le famiglie vengono accusate di non avere fiducia verso chi si occupa dei loro cari, di non essere obiettive, di pretendere servizi oltre il realizzabile.
Se i meccanismi di difesa messi in atto possono spiegare tali addebiti e le dinamiche sottostanti, parallelamente la mancanza di reciproca conoscenza e di sostegno psicologico non favorisce la comprensione e la collaborazione tra le parti.
Si rileva la mancata conoscenza dello stato degli addetti ai servizi socio-sanitari:
numeri esigui a fronte dei carichi di lavoro,
ritmi di lavoro sostenuti e logoranti,
mancata riqualificazione degli OSS,
assenza di supervisione e sostegno psicologico al personale,
contratti full time da 38 ore settimanali, insostenibili per chi esercita la propria professione nelle relazioni d'aiuto,
tempi di recupero delle energie fisiche e psichiche insufficienti,
mancato riconoscimento della Sindrome del Burnout (o Sindrome da Esaurimento Emotivo) come malattia professionale,
compensi poco dignitosi.
Sono assenti progetti di accompagnamento, coinvolgimento e sostegno psicologico alle famiglie e si trascurano gli stati emotivi dei congiunti che non possono fare a meno di servizi ai quali non avrebbero mai voluto accedere, separati per necessità dai propri cari.
Il Burnout
La Sindrome del Burnout , conseguenza dello squilibrio percepito tra le capacità degli individui di rispondere alle richieste in ambito professionale e i carichi lavorativi da fronteggiare, esprime una condizione di disagio, frustrazione e sofferenza psico-fisica unita a difese non adeguate e comportamenti non funzionali, nelle attività lavorative ad alta implicazione emotiva e relazionale.
Riconosciuta dal mondo scientifico ma non dalla legislazione, le conseguenze della Sindrome del Burnout si manifestano a carico di chi lavora nella relazione d'aiuto in presenza di stress, pressioni, ritmi e carichi lavorativi difficili da sostenere. Gli effetti possono diventare gravi e dannosi non solo per l'individuo, ma anche per le Strutture e l'ambiente in cui chi ne viene colpito opera.
Non a caso, il riconoscimento di questa sindrome come malattia professionale comporterebbe una rivoluzione nell'ideazione, nella regolamentazione e nella riorganizzazione delle attività sociali, sanitarie, assistenziali ed educative.
Il momento di cambiare
Considerando gli aspetti fin qui descritti, appare evidente come ideazione e gestione attuali generino condizioni difficili, stressanti, deficitarie, per tutti coloro che vi si ritrovino all’interno.
L’attuale emergenza sanitaria e i suoi effetti devastanti sulle vite di tutti coloro che ne sono stati coinvolti, oggi puntano il faro sulle Case di Riposo e richiedono la nostra attenzione.
Numeri, regole e organizzazione necessitano da molto tempo di essere rivisti alla luce di servizi offerti da persone a persone, che tengano conto della dimensione umana in cui si realizzano e del loro valore.
Alla luce dei cambiamenti che inevitabilmente saremo chiamati ad attuare, ritengo che oggi si sia configurata un’occasione unica per ripensare il futuro di anziani e personale socio-sanitario all'interno dei servizi sociali, sanitari, assistenziali ed educativi.
Uno scenario nuovo e sostenibile fondato sul circolo virtuoso di benessere e cura esteso a tutti gli attori in scena, in relazione alla rinnovata determinazione del concetto di salute come la capacità di adattamento e di auto gestirsi di fronte alle sfide sociali, fisiche ed emotive (OMS 2011), rivendicando uniti, famiglie, gestori dei servizi e lavoratori, una evoluzione delle RSA , da luogo di risposta alle necessità a luogo di incontro di intenti condivisi.
Comments